La correlazione tra mente alveolare iperattiva e l’utilizzo dell’email. Riflessioni tratte dal libro “Un mondo senza email” di Cal Newport.

La correlazione tra mente alveolare iperattiva e l’utilizzo dell’email. Riflessioni tratte dal libro “Un mondo senza email” di Cal Newport.

Avete mai pensato come sarebbe il nostro modo di lavorare se volessimo mantenere la nostra produttività ma allo stesso tempo limitare l’utilizzo delle email giornaliere?

Cal Newport ci offre delle alternative e degli spunti di riflessione con il suo ultimo libro “Un mondo senza email”

Il concetto di “mente alveare iperattiva”.

Sarà di sicuro capitato a molti di noi di lavorare ad un progetto e di venire interrotti dalla chat aziendale o dall’avviso delle email in arrivo nella nostra casella di posta elettronica. Tutto queste sono indiscutibilmente fonti di distrazione per la nostra mente.

Come reagiamo a questi stimoli? Nella maggior parte dei casi optiamo per rispondere rapidamente alla mail di un nostro titolare per mostrare che siamo reattivi e produttivi oppure siamo noi stessi che utilizziamo le email per delegare qualche attività ai nostri colleghi, tutte azioni che ci danno la falsa illusione di essere produttivi.

Queste attività richiedono alla mente lo sforzo continuo di spostare la nostra attenzione dalle attività di lavoro effettivo a quelle in cui ci limitiamo a parlare di lavoro.

Ecco in cosa consiste il concetto di mente alveare iperattiva, ovvero il flusso di lavoro incentrato su una conversazione continua, alimentata da messaggi imprevisti non strutturati, che sono veicolati tramite strumenti di comunicazione digitale come la posta elettronica e i servizi di messaggistica istantanea.” così come lo definisce Newport.

Per il nostro cervello si tratta infatti di un modello operativo limitante che lo pone sotto stress sottraendo energie e aumentando il livello di difficoltà delle attività che dobbiamo compiere.

Perché allora utilizziamo la mente alveare iperattiva?

La ragione è semplice e sta nel fatto che il nostro cervello, per natura, ha la tendenza ad adottare le soluzioni più semplici per risparmiare energia ma in queste situazioni non si dimostrano essere le più efficaci per la nostra produttività.

La modalità di intervento della mente alveare iperattiva non è sviluppata per favorire il nostro cervello che, al contrario, è progettato per mantenere l’attenzione su una sola attività per volta.

Tra i concetti più rappresentativi e significativi relativi all’utilizzo e alla gestione dell’email ce ne sono due di particolare interesse.

Perché si parla di “attrito” nello scambio comunicativo e cosa significa?

L’email ha iniziato ad essere utilizzata in ambito lavorativo a partire dal 1987 e da allora si è subito presentata come uno strumento di comunicazione semplice da utilizzare, veloce ed economico. Questa sua semplicità è stato il motivo per il quale sempre più persone l’hanno utilizzata e continuano ancora a farne un uso poco funzionale e talvolta non educato.

La semplicità di utilizzo dell’email ci porta inevitabilmente a riflettere sul concetto di “attrito” nello scambio comunicativo.

Immaginiamo ad esempio il contesto aziendale nel quale ogni giorno le persone sono soggette a richieste di attenzione e tempo da parte di colleghi o superiori attraverso l’invio continuo di email. 

Pensiamo invece se le stesse richieste venissero fatte di persona. Cosa succederebbe? Le persone dovrebbero alzarsi dalla propria scrivania, attraversare il corridoio ed entrare nell’ufficio di colleghi o superiori. In questo caso entrerebbe in campo l’attrito – dato dal fatto di dover lasciare la propria postazione di lavoro e raggiungere un altro ufficio – di conseguenza le richieste diminuirebbero in quanto sarebbe necessario uno sforzo maggiore da parte nostra per recapitare il nostro messaggio all’interlocutore.

La conclusione, quindi, è che una buona parte delle comunicazioni fatte tramite l’email non risulta essere necessaria per la realizzazione dell’attività lavorativa.

Il ciclo della reattività.

In correlazione all’utilizzo dell’email un altro concetto interessante da analizzare è il “circolo della reattività” così descritto dalla ricercatrice Leslie Perlow.

Dal momento in cui abbiamo avuto la possibilità di utilizzare la posta elettronica anche dai nostri smartphone e abbiamo realizzato che potevamo rispondere alle email anche in orari extra lavorativi, abbiamo inconsapevolmente creato un’aspettativa di maggior velocità delle nostre risposte da parte dei nostri interlocutori che a loro volta si sono sentiti legittimati all’invio di email senza limiti di orario.

Questo processo ha dato vita a un circolo vizioso di reattività nella comunicazione che ha inevitabilmente portato con sé conseguenze spesso negative.

Il libro di Cal Newport ci fornisce notevoli spunti per riflettere relativamente all’uso che facciamo degli strumenti digitali in ambito lavorativo e in particolare dell’email. Si tratta di strumenti che nella maggior parte delle situazioni facilitano il nostro lavoro ma dobbiamo diventare consapevoli dell’uso che ne facciamo e, all’occorrenza, rivedere i nostri processi organizzativi.

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